Gruppi di discussione e analisi di casi in Area G
“Le metafore sono i fantasmi di idee che stanno per essere fatte nascere”
W.R. Bion
Dalla cittadinanza alla democrazia
Il gruppo di intervisioni tra ex studenti, ora soci di Area G associazione F.P.T., è attivo ormai da molti anni ed è formato da membri accomunati da una “medesima cittadinanza” e cioè la formazione e specializzazione presso la Scuola di Psicoterapia Area G.
Questa appartenenza è la cornice entro cui si articola un lavoro contraddistinto da una matrice fortemente democratica. Il gruppo per la discussione del caso non si avvale, infatti, di un supervisore. Il conduttore svolge, più precisamente, il ruolo di moderatore e come primus inter pares ha la funzione di raccoglierei contributi dei membri del gruppo, favorendo una stimolazione orizzontale di saperi, suggestioni e spunti che mediante un metodo di supervisione classica rimarrebbero altrimenti sommersi. Anche il modo in cui è presentato il caso è particolare ed è pensato per sostenere il lavoro del gruppo, non si racconta, infatti, la storia del paziente e si analizzano solo due colloqui, scelti dal terapeuta che porta il caso. La richiesta ai colleghi del gruppo, dopo la lettura, è di dare voce liberamente a impressioni, immagini, pittogrammi, ricordi, frammenti di pensiero, rievocazioni di personaggi veri o fantastici, metafore, seguendo quanto più possibile le loro libere associazioni, i loro“weaving thoughts”( Salomonson, 2004).
Il metodo: tessere i pensieri
La tecnica di intervisione scelta dal gruppo, è denominata per l’appunto weaving thoughts dai suoi creatori J. Norman e B. Salomosson (2004). Consiste nella graduale tessitura di una trama comune del materiale clinico entro un assetto gruppale che sia il più possibile “senza memoria e senza desiderio” (Bion 1968). La sfida principale raccolta dalla coppia di psicoanalisti svedesi è stata quella di ideare un metodo che riuscisse ad aggirare le frequenti insidie insite nel lavoro di supervisione di gruppo tradizionale, consistenti, ad esempio, negli assunti di base bioniani di dipendenza, accoppiamento e attacco-fuga.
Le condotte disfunzionali, figlie di questo assetto avvelenato dagli assunti di base, possono consistere in: costruzione di fazioni nel gruppo, atteggiamento elitario ed escludente, pressione giudicante e critica verso l’analista che porta il caso, restringimento di vedute nella discussione.
Al contrario, il modello di tessitura dei pensieri concepita da Salomonsson e Norman consente un clima permeato da collaborazione, apertura mentale, egualitarismo, curiosità e tensione alla comprensione verso il materiale portato, sensazione di utilità da parte dell’analista che porta il caso e maggiore consapevolezza delle risorse e dei limiti che il gruppo stesso veicola e rappresenta.
L’obiettivo è dunque quello di superare i consueti conflitti tra operatori – se non addirittura i litigi – e le inevitabili polarizzazioni dei pensieri che si creano al loro interno, a maggior ragione nelle occasioni di analisi di casi gravi con aree borderline e psicotiche che per definizione veicolano visioni del mondo scisse, dissociate, lacerate, frantumate. Il cimento è dunque quello di cercare di lasciare che i pensieri di tutti i partecipanti fluiscano senza interruzioni o censura, avvicendandosi reciprocamente, come una filiera di osservazioni e spunti intrecciati gli uni con gli altri che riescono a donare una sensazione di “newly washed-eyes”, “come di occhi appena lavati” in chi ascolta. È tipico, infatti, che in lavori così condotti gli occhi e gli sguardi dei partecipanti siano per l’appunto, fisicamente, meno incentrati sull’analista che porta il materiale clinico e più orientati altrove,alla ricerca proprio di quei pensieri che, aleggiando nel campo, non aspettano altro che di essere concepiti.
Metafore: i portali del funzionamento psichico e della cura
Il lavoro si dipana dunque su uno sfondo teorico di tipo bioniano (1968b) il quale, come è noto, si affaccia all’esperienza clinica mediante apparati metaforici e sognanti più che razionali.
Sembra opportuno in questo senso riprendere alcuni passaggi di A. Ferro (2015) che ritiene le metafore essere dei veri e propri canali di conoscenza della realtà e del funzionamento di base dei pazienti.
A suo avviso esse permettono di cogliere significati istantanei, quasi come fosse la prima volta, alla stregua dello sguardo tipico dei bambini – che difatti sono generosi erogatori di assai originali metafore – o, vieppiù, per riscoprire il mondo con occhi nuovi, come fanno i poeti.
Il gruppo di lavoro così condotto è dunque “un campo che va gradualmente strutturando un’iniziale emozione potente, ma informe, tramite un processo di trasformazioni successive” (Correale, 2007). Quell’emozione è l’emozione portante del paziente che, spesso nei casi gravi con aree psicotiche, viene dissociata, rimossa, negata e che invece mediante questa elaborazione di gruppo può venire sempre più messa a fuoco.
Le intuizioni dei colleghi dunque amalgamano ed impastano immagini dapprima grezze ed in seguito sempre più nitide, pur nella loro varietà. Il profilo del paziente che ne emerge può apparire variopinto, talvolta molto contraddittorio, ma è proprio in questo che risiede il valore inestimabile di un lavoro così condotto: dare voce e sintetizzare le tante componenti ed emozioni, spesso molto scisse e ambivalenti, delle personalità dei pazienti oggetto di analisi.
Dall’etica all’estetica, dalla scienza all’arte
Lavorare per intuizioni e metafore ha, peraltro, anche una ricaduta epistemologica molto chiara: non esiste una verità univoca – da cui la scelta di non assistere all’enunciazione di un sapere da parte di un esperto supervisore – ma è il frutto dalla miscela interconnessa di più menti che giocano insieme. Questa prospettiva induce la psicoanalisi a discostarsi dalla scienza e ad avvicinarsi al mondo della creatività e dell’arte. Dice Ferro che, come il poeta, anche l’analista deve farsi veggente, al fine di riuscire a trovare “una lingua che sia anima per l’anima” ( Rimbaud, 1871).
La psicoanalisi deve infatti abbandonare fedi e certezze e riscoprirsi artistica – chiosava lo stesso Bion (1978) durante un celebre seminario tenuto a Parigi.“Il terapeuta deve riuscire ad intercettare le emozioni invisibili del paziente, provando a trasformarle in emozioni che si possano vedere, odorare, gustare”. Colori, desideri, sensi, emozioni: dimensioni artistiche al servizio della conoscenza e della cura della mente.
Queste riflessioni spostano dunque la traiettoria dell’azione clinica da una dimensione etica – basata su di un sapere calato dall’alto che rischia di divenire abusante, descritto, tra gli altri, da P. Aulagnier nel suo testo di riferimento “La violenza dell’interpretazione” (1975) – ad una dimensione estetica della parola che cura, in cui metafore ed immagini si alternano tra paziente e terapeuta proprio come nella buona diade madre-bambino di Bion, ove l’azione curativa materna della reverie agisce in modo bi-dimensionale e non impositivo sulle turbolenze emotive dell’infante.
Questo lavoro di tessitura democratica dei pensieri suggerisce come, in un mondo sconvolto da più di due anni da polarizzazioni e tensioni sociali uniche, un approccio all’’essere umano privo di pretese di verità possa, oggi più che mai, non solo essere possibile, ma costituire uno strumento necessario per una migliore convivenza tra esseri umani.
Bibliografia
- Aulagnier P. (1975): La violenza dell’interpretazione. Dal pittogramma all’enunciato .Borla, Roma, 2005.
- Bion W.R. , Learning from Experience London: William Heinemann. (1962b) Reprinted London: Karnac Books.
- Bion W.R. , Memorie dal futuro. 2. Presentare il passato ( 1978), Ed. italiana Raffaello Cortina Editore (1998).
- Bion W.R. , Four Discussions with W.R. Bion. Perthshire: Clunie Press. ( 1978). [Reprinted in Clinical Seminars and Other Works. London: Karnac Books, 1994].
- Correale A., Il campo istituzionale, Borla Editore (2007).
- Ferro A., Fattori di malattia, fattori di guarigione (2002), Edizioni Raffello Cortina.
- Ferro A., Civitarese G. ( 2015), Il campo analitico e le sue trasformazioni, Edizioni Raffaello Cortina.
