Chi è l’autrice?
Nina Coltart è stata una psicoanalista, psicoterapeuta e scrittrice britannica. Esponente di spicco del movimento psicoanalitico britannico denominato “Middle Group” (o degli Indipendenti).
Di cosa parla?
Come sopravvivere da psicoterapeuta, prima edizione del libro datata 1993 ma ristampato da Mimesis nel 2022, è uno di quei testi preziosi per tutte le persone che si sono formate (o si stanno formando) come psicoterapeuti.
L’autrice, servendosi della sua esperienza trentennale di psicoanalista, affronta le difficoltà e le criticità con le quali, prima o poi, tutti gli psicoterapeuti hanno a che fare almeno una volta nel corso della carriera. Il modo in cui si configura il setting esterno (scelta delle poltrone vis a viso utilizzo del lettino), le modalità con cui si struttura invece un setting interno, l’annoso problema della giusta retribuzione, il training, le supervisioni e la formazione continua, sono tutte dimensioni che la Coltart esplora cercando di offrire soluzioni pratiche (i riferimenti alla letteratura psicoanalitica sono quasi del tutto assenti) con l’obiettivo di rendere piacevole la sopravvivenza da psicoterapeuti.
Non aspettatevi però una noiosa “guida pratica” o impersonali consigli su ciò che è meglio fare nell’ambito della professione psicoterapica: l’autrice affronta tutte le questioni con una libertà intellettuale davvero ammirevole. Con spontaneità ed autenticità, l’autrice riflette sull’identità del terapeuta descrivendo numerosissimi episodi personali e casi clinici maturati dal proprio bagaglio esperienziale reale.
Coltart non si limita ad esporre le esperienze cliniche “di successo”, ma anzi si sofferma molto sulle incertezze e gli errori che le hanno permesso di crescere professionalmente e umanamente (particolarmente toccante la descrizione, nel capitolo titolato “Paradossi”, di una paziente difficile la cui psicoterapia non ha avuto un buon esito).
Uno degli ultimi capitoli è dedicato al tempo libero dello psicoterapeuta (a mio parere, tematica molto interessante e stimolante): l’autrice ci racconta della sua passione per il giardinaggio, rappresentativa di una tensione verso un’attività di cura funzionalmente manuale e corporea (“..in un mondo ideale, tutti gli psicoterapeuti dovrebbero avere un giardino”), del suo piacere nel viaggiare da sola come occasione per esplorare dimensioni introspettive ancora sconosciute e del suo rapporto con la religione e la meditazione.
Senza paura di mettersi in discussione, l’autrice utilizza l’ironia e l’autocritica per descrivere la sua personale attitudine verso quello che Freud chiamava “il mestiere impossibile”, il risultato è un lavoro ancora molto attuale e soprattutto prezioso per chi, come lei, si è chiesto o si chiede: come si sopravvive (piacevolmente) da psicoterapeuti?
Perché consigliarlo?
Mi sentirei di consigliarlo a chi si sta formando da psicoterapeuta o a chi continua a formarsi nonostante terapeuta lo sia già. L’autrice affronta tematiche pratiche, che forse proprio per la loro praticità, non vengono, quasi mai, esplorate con tanta passione, spontaneità e personalità come avviene invece in questo testo.
