The breakfast club è un film uscito nel 1985, che consigliamo a chi vuole trascorrere 97 minuti in una scuola superiore di Chicago, in compagnia di 5 adolescenti. Hanno meritato una punizione: sono obbligati a passare il sabato presso la biblioteca dell’istituto scolastico. Al termine della giornata devono consegnare un tema di almeno 1000 parole, la traccia: “descrivi chi pensi di essere”.
Come una mosca, lo spettatore li osserva arrivare: qualcuno in macchina, amorevolmente accompagnato, qualcuno indifferentemente depositato, qualcuno solo e a piedi. Negli scambi con i loro genitori si rintracciano aspettative, miti familiari e proiezioni: ciò che ognuno di loro si porta dietro/dentro.
Nella biblioteca il preside detta le regole: vietato alzarsi, spostarsi, dormire. Sono parole ipocrite, saccenti, arroganti, travestite da intervento disciplinare ma in realtà molto distanti dal desiderio di educare.
Come in un flipper, appena il preside li lascia soli, i ragazzi si alzano, si avvicinano, si allontanano, urlano, mangiano, ridono, fumano, si aggrediscono, piangono – il tutto concentrato negli ambienti della Shermer High School.
Lentamente si rinuncia a bonificare o deturpare l’immagine dei propri genitori; si fa meno vigorosa la negazione delle proprie fragilità; cede l’occultamento dei segreti più intimi. Il gruppo si muove e si stringe, permette di scoprirsi a turno, di guardarsi come in uno specchio, che fedelmente e spietatamente restituisce proprio ciò che il preside vorrebbe sapere: la risposta alla domanda “chi sono io?”.