Antonino Ferro

Evitare le emozioni, vivere le emozioni

Chi è l’autore?
Psicoanalista molto noto e dalla vasta produzione letteraria, Antonino Ferro è stato presidente della Società Psicoanalitica Italiana (SPI). Medico psichiatra e psicoanalista palermitano di origine, ha lavorato e lavora tutt’ora a Pavia. Il libro è del 2007, edito Raffaello Cortina.

Di cosa parla?
Le emozioni, prima di trasformarsi in stati emotivi pensabili e rappresentabili, assumono la forma di proto-emozioni: “stock di punte di spillo” o “cartucce di proiettili inesplosi” intrise di sensorialitá grezza. Proprio per il loro potenziale di sensorialitá (ancora) inespresso, le proto-emozioni ci spaventano e ci terrorizzano e, per difenderci da esse (e dal loro potenziale sensoriale – tsunami emotivo), le evitiamo con ogni mezzo (inconscio) a nostra disposizione.
Le aggreghiamo in nuclei compatti (fobie), individuiamo modalità per controllarle (ossessività), le confiniamo in organi corporei (ipocondria) o le evacuiamo (identificazioni proiettive).
Qui entra in gioco l’analista (e la sua mente) che, con la giusta asimmetria, all’interno di una prospettiva intersoggettiva, contiene gli ingredienti beta, li elabora e cucina ricette alfa, nutrienti e digeribili (per e dal paziente) all’interno del campo analitico. 

Ci troviamo, naturalmente, nella cornice teorica post-bioniana e più precisamente nella teoria del campo analitico, della quale Ferro è uno dei massimi esponenti contemporanei.
L’analista-esploratore (insieme al paziente, suo miglior collega) si muove nei territori sconfinati, mutabili e cangianti, del campo analitico. L’oggetto della sua indagine non è tanto il contenuto analitico del campo, né la sua forma, ma bensì il processo mediante cui si generano pensieri, sogni ed emozioni (non il sogno in sé e il suo contenuto, ma le modalità con cui i sogni giungono ad essere sognati – dispositivo per sognare i sogni o pensare i pensieri). 

Equipaggiato di capacità negativa (senza memoria e senza desiderio) e pensiero onirico della veglia (concettualizzazione bioniana cardine nella teoria di Ferro), il clinico scopre memorie, immagini, pittogrammi e narrazioni che compongono il pressoché infinito numero di personaggi che abitano il campo. Spesso non è un lavoro facile, la clinica odierna è impregnata, infatti, sempre più di contenuti concreti; per questo, l’analista può servirsi delle trasformazioni in sogno: ascoltare le comunicazioni del paziente come se provenissero direttamente dalla via regia per l’inconscio (“Ho sognato che…”). 

L’utilizzo delle immagini, la metafora e il gioco riempiono le numerosissime vignette cliniche che l’autore descrive con estrema onestà intellettuale.
Secondo il mio parere, una delle qualità che rendono unico questo testo è il suo essere insaturo (come insature dovrebbero essere le interpretazioni dell’analista, secondo l’autore), che non vuol dire parziale o poco completo, ma vuol dire che lascia spazio all’apporto attivo e al pensiero del lettore, che può concretamente scriverci sopra completando ed immaginando le esemplificazioni cliniche delle esercitazioni analitiche proposte da Ferro. 

Perché consigliarlo?
Oltre ad essere un testo prezioso per affinare una capacità di negoziazione costante tra teoria e pratica clinica (consigliato a tutti gli specializzandi, i clinici e gli psicoterapeuti di orientamento psicodinamico), il libro di Ferro è un testo in grado di emozionare realmente il lettore.
Le numerose vignette cliniche, i casi, i racconti ed i film citati dall’autore rapiscono il lettore e lo portano ad immergersi nel testo come se si trattasse di un romanzo di avventura.
Leggendo si ha l’impressione di esplorare il campo analitico e di fluttuare tra derivati narrativi, pittogrammi e sogni (notturni o diurni che siano).

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