COSA SI INTENDE PER DISTURBO BORDERLINE?
Le persone con un’organizzazione borderline di personalità vengono comunemente identificate con delle caratteristiche che ricordano quelle delle disperate protagoniste del film “Ragazze interrotte” o dei personaggi consumati di “Trainspotting”. Questi tratti caratteriali comprendono difficoltà relazionali ricorrenti, aggressività e rabbia esplosive, incapacità di intimità emotiva, problemi lavorativi, periodi di forte angoscia, vulnerabilità all’abuso di sostanze, alle dipendenze e a comportamenti autolesivi, depressione abbandonica ed una insostenibile sensazione di vuoto.
Questa tuttavia pare essere una visione solo parziale di cosa significhi soffrire del disturbo borderline; se basata esclusivamente su criteri diagnostici comportamentali, poco ci dice sulla “pasta” sottostante tali manifestazioni sintomatologiche.
In sostanza, i sintomi sopra indicati davvero ci indicano la presenza inequivocabile di una patologia come quella al limite? Oppure possono essere espressione di particolare stress e disagio in una persona che generalmente presenta un buon funzionamento (personalità nevrotica) o, al contrario, gravi campanelli di allarme per un disagio come quello psicotico, in cui il contatto con la realtà tende a vacillare?
IL DISTURBO BORDERLINE SECONDO IL PENSIERO DI KERNBERG
Cercando di dirimere la questione, lo psichiatra Otto Kernberg, e con lui molti altri studiosi contemporanei di matrice psicodinamica, hanno nel tempo cercato di delineare una classificazione dei pazienti che non si fermi alla superficie sintomatologia.
Per Kernberg il termine “organizzazione di personalità borderline” descrive un livello di funzionamento mentale che varia lungo un continuum, da un livello superiore, meno patologico e più vicino al versante nevrotico, ad uno inferiore, più grave e prossimo alla psicosi. Il termine “borderline” dunque identifica un “regno di mezzo”, un “terreno limite” tra gli altri due stati mentali.
Secondo l’autore, per operare una corretta diagnosi bisognerebbe valutare la personalità del soggetto secondo tre livelli di analisi: quella descrittiva, quella strutturale e quella genetico dinamica.
Analisi descrittiva
Partendo dall’assunto che i pazienti con organizzazione borderline presentino sintomi che possono
sembrare nevrotici o psicotici a seconda del grado con cui essi compromettono il benessere individuale e il contatto con la realtà, l’autore afferma che nessun sintomo considerato singolarmente possa essere di per sé patognomico. Tuttavia, la presenza di particolari costellazioni sintomatologiche – composte da due, meglio tre delle manifestazioni sotto elencate – costituirebbe un buon motivo per indurre il clinico a presumere che esista una sottostante struttura di personalità borderline.
Il primo tra gli elementi diagnostici presuntivi è la presenza di un’angoscia cronica e diffusa.
Molti soggetti borderline, poi, presenterebbero diversi sintomi nevrotici, tra cui fobie multiple, soprattutto quelle che riguardano il proprio corpo o il proprio aspetto, ipocondrie e tendenze paranoidi. Il terzo elemento sono le tendenze sessuali perverse e polimorfe, che prevedono o una totale inibizione della vita sessuale a fronte di fantasie erotiche eccentriche o, al contrario, una vita sessuale estremamente caotica e disinibita. Un ulteriore fattore diagnostico sarebbe la presenza di un pensiero simil-psicotico, ossia un tipo di pensiero che in certe occasioni tende a non aderire all’esame di realtà. Una forte impulsività, unita a tossicomania è il quinto criterio diagnostico indicato da Kernberg. Esempi tipici di quest’ultima categoria sono l’alcolismo, la dipendenza da sostanze, certe forme di obesità. Infine, l’ultimo fattore diagnostico presuntivo sarebbe la presenza di un carattere caotico–impulsivo o estremamente ritirato.
Analisi strutturale
Come si diceva, per Kernberg non basta notare alcune caratteristiche comportamentali ricorrenti per classificare come borderline un soggetto, al contrario è necessario operare un’analisi che guardi anche alla struttura sottostante la personalità manifesta.
Kernberg formula i seguenti criteri strutturali per diagnosticare l’organizzazione borderline di personalità: manifestazioni non specifiche di debolezza dell’Io; spostamento verso il tipo di pensiero del processo primario; meccanismi di difesa specifici dell’organizzazione borderline; patologia delle relazioni oggettuali interiorizzate.
Manifestazioni non specifiche di debolezza dell’Io
Con “manifestazioni non specifiche di debolezza dell’Io” s’intende la difficoltà da parte del soggetto di sopportare un surplus di angoscia, l’incapacità di controllare gli impulsi e la mancanza di sbocchi sublimatori sviluppati. In buona sostanza, ciò sta a significare la fatica che il soggetto fa nel tollerare, elaborare e smaltire correttamente forti stati di tensione.
Spostamento verso il tipo di pensiero del processo primario
Kernberg intende con “spostamento verso il tipo di pensiero del processo primario” il fatto che tali pazienti, in particolari momenti di stress o difficoltà o davanti a test diagnostici proiettivi (il test delle macchie di Rorschach è sicuramente il più celebre) mostrano una difficoltà ad aderire all’esame di realtà, facendo scivolare il loro pensiero verso uno stile che potrebbe ricordare quello psicotico.
I meccanismi di difesa
Ciò che certamente contribuisce in modo sostanziale a definire la presenza di un disturbo borderline è l’analisi dei meccanismi di difesa, ossia tutte quelle strategie mentali, più o meno conosce, che proteggono il soggetto dal dolore psichico. Esse possono essere più o meno mature e sofisticate a seconda di quanto danneggino il soggetto stesso e chi gli sta attorno.
Le difese specifiche dell’organizzazione borderline sono la scissione delle immagini positive ed idealizzate del Sé, dell’altro e delle relazioni da quelle completamente negative, svalutate e disprezzate. Questo significa che il soggetto borderline, soprattutto in momenti di particolare intensità emotiva, fatica a mantenere nella sua mente delle rappresentazioni realistiche dell’idea di sé e di ciò che lo circonda. Per esempio, potrebbe idealizzare totalmente il suo partner e svalutare completamente se stesso, non riuscendo a considerare nella sua complessità i differenti aspetti e sfaccettature presenti in ogni ambito umano.
La negazione consiste nell’esclusione reciproca di due aree della coscienza emotivamente indipendenti. Il paziente si rende conto del fatto che in quel momento le sue percezioni, i suoi pensieri o sentimenti su di sé o sugli latri sono completamente antitetici a quelli da lui provati in altri momenti, ma questo ricordo non ha alcuna pregnanza emotiva e non può influire per nessun motivo sul suo attuale modo di sentire.
Infine, i pazienti borderline usano frequentemente l’identificazione proiettiva per proteggersi dai
conflitti intrapsichici. Questo meccanismo di difesa, il più tipico del disturbo, consiste nell’attribuire ad altri soggetti aspetti di sé non accettati, come per esempio impulsi aggressivi o rabbiosi. La conseguenza è il frequente innescarsi di una dinamica interpersonale perversa, per cui vi è confusione circa la reale appartenenza dei sentimenti negativi (“sei tu il primo ad aver iniziato, sei tu quello che ha aggredito per primo”), e il partner può collusivamente e inconsciamente contribuire al mantenimento dell’equivoco poiché, sentendosi oggetto di tali pressioni aggressive, può effettivamente essere indotto a ricoprire il ruolo rabbioso che il soggetto borderline gli ha attribuito.
Deficit nelle relazioni oggettuali interiorizzate
Questi pazienti hanno interiorizzato un modello relazionale di sé con l’altro altamente disfunzionale, a causa della loro storia di vita costellata da frustrazioni interpersonali soprattutto con le figure di riferimento primarie. Ciò comporta una scarsa capacità di valutare
realisticamente il mondo relazionale: gli altri sono considerati, a seconda delle circostanze, o
“totalmente buoni” – e, dunque, vengono idealizzati – oppure alla stregua di persecutori
“totalmente cattivi”. Ciò ha chiaramente delle ripercussioni sulla sfera relazionale, in cui i pazienti borderline tendono a considerare l’altro o come soggetto salvifico da cui dipendere totalmente o sadico persecutore. Spesso l’alternanza anche frequente e repentina di questi sentimenti nei confronti del medesimo interlocutore rendono le interazioni dei soggetti borderline altamente instabili ma allo stesso tempo invischianti. Per questi soggetti, infatti, nonostante la fatica ed il dolore subito e agito nella relazione, è estremamente difficile separarsi o mettere fine ad un rapporto poiché soffrono di tremende paure abbandoniche.
Analisi genetico-dinamica
Passiamo ora dall’analisi strutturale all’ultimo livello diagnostico, quello genetico–dinamico. Secondo Kernberg, nei soggetti borderline è molto frequente una storia familiare di estreme frustrazioni e intensa aggressività subite da parte delle figure di riferimento durante i primi anni di vita. Queste esperienze primarie inadeguate comprenderebbero situazioni quali, per esempio, violenza assistita o subita fisica o psicologica, grave deprivazione ambientale e negligenza.
