Inside Out 2, sequel dell’omonimo film del 2015, è da poco uscito nelle sale cinematografiche e sta già avendo grandi risultati al botteghino internazionale. Come si spiega questo enorme successo?
Nonostante venga etichettato da molte testate come un prodotto “per bambini”, Inside Out 2 è il frutto di un attento studio da parte dell’intera produzione per tradurre in evocative immagini e metafore l’intersecarsi delle emozioni umane. Per lo spettatore è facile immedesimarsi con la protagonista: nonostante si parli delle vicende di un’adolescente, è semplice empatizzare con alcune emozioni che tutti viviamo, come l’imbarazzo per una battuta poco felice o l’ansia nello svolgere un compito di grande responsabilità. La forza del film consiste nel riuscire a parlare di emozioni attraverso un linguaggio universale, toccante e comprensibile a tutti: le emozioni “parlano” fra di loro, aiutandoci a capire cosa le porti a manifestarsi in un dato momento, e concetti complessi risultano immediatamente comprensibili attraverso efficaci metafore. Così, ad esempio, la ricerca frenetica di possibili soluzioni diventa una tempesta di luci e colori che si accendono rapidi nella mente.
La storia narrata è quella di Riley, ora tredicenne, che assieme alle sue migliori amiche si appresta a vivere un weekend dedicato al suo sport preferito, l’hockey su ghiaccio: il suo obiettivo è qualificarsi per la squadra della scuola, le Firehawks. Ciò che accade nella realtà esterna è semplice, quel che colpisce è ciò che accade all’interno di Riley: la notte prima del weekend inizia a lampeggiare in modo fragoroso il grande bottone rosso della “pubertà” e improvvisamente una squadra di simil-operai invade il quartier generale della mente di Riley per aggiornare la console che gestisce le sue emozioni. Vengono introdotte le vere protagoniste del film: Ansia, Invidia, Imbarazzo ed Ennui (condizione esistenziale e filosofica di noia profonda, stanchezza e sfinimento spirituale). L’emozione che senz’altro attira immediatamente l’attenzione è Ansia, che non a caso entra in scena con l’inizio della pubertà, quando la nostra protagonista si trova a dover maneggiare i nuovi stimoli, interni ed esterni, che fanno parte delle tensioni legate ai compiti evolutivi dell’adolescenza.
Il film parla infatti della nascita sociale di Riley all’interno della nuova squadra di Hockey ed è Ansia a prendere gradualmente il controllo della console delle emozioni. La parte più creativa di questa opera riguarda proprio “lei”: Ansia è un’emozione che in un primo momento riesce a far reagire “bene” Riley, che grazie a questa emozione inizia ad organizzare i comportamenti da mettere in atto nel nuovo gruppo a cui vorrebbe appartenere. Un’attenta scannerizzazione delle ragazze più grandi permette di assumere atteggiamenti e idee che non le appartengo ma che la aiutano ad integrarsi, almeno superficialmente. Tuttavia, più va avanti la narrazione e più ci si rende conto di come Ansia stia conducendo Riley lontana da sé stessa, dai suoi principi e ideali: la sua identità appare definita solo da quanto riesce ad essere aderente alle aspettative, più o meno realistiche, che immagina le sue compagne abbiano su di lei. Durante la partita in cui pensa possa essere definito il suo futuro, Riley viene sopraffatta dalle rigide aspettative che lei stessa si è posta e, con queste, da un attacco di panico. Ansia perde così il controllo. L’equilibrio viene ristabilito quando Ansia né si trova al comando né viene negata o sottomessa, bensì quando viene fatta gentilmente sedere su una comoda poltrona, pronta ad intervenire in caso di bisogno: un’ottima rappresentazione di come questa emozione possa essere funzionale, se riconosciuta, gestita e correttamente indirizzata.
Se nel primo capitolo della serie veniva dato risalto alla complessità emotiva presente in ognuno di noi, questo secondo capitolo ha quale messaggio fondamentale il rapporto tra il riconoscimento e l’espressione delle proprie emozioni e lo sviluppo di un senso del Sé autentico. Rappresentato come un albero che ha origine da alcuni ricordi di base, il senso del Sé di Riley riesce a sopravvivere alla pubertà e ad evolvere quando le sue radici possono tingersi di diversi colori: ricordi caratterizzati da una varietà di stati d’animo, che non vengono negati e che permettono di sviluppare un’identità che è un caleidoscopio di sfumature.
Per concludere, Inside Out 2 è un film estremamente consigliato e giustamente elogiato dalla critica.
La sua comunicazione, eclettica e godibile da grandi e piccini, fa riflettere sui nostri e altrui comportamenti e stati mentali, aiutandoci a comprenderli meglio.