Spaceman è una pellicola tratta dal romanzo “Il cosmonauta” di Jaroslav Kalfar, presentata al Festival internazionale del cinema di Berlino nel febbraio 2024 e distribuita su Netflix.
Il film è incentrato sulla missione esplorativa di una nube viola dell’astronauta ceco Jakub Procházka interpretato da Adam Sandler, volto della comedy americana che si è cimentato, come in questo caso, anche in ruoli drammatici.
Il tema della solitudine di quasimodiana memoria è introdotto fin dalle primissime battute del film quando, durante una conferenza stampa in video-collegamento, all’astrofisico viene domandato se è davvero “l’uomo più solo al mondo”. Jakub è “solo” perché è molto distante dalla Terra, ma anche perché è distante emotivamente dal contatto con i propri sentimenti e quelli dell’Altro, per costituzione evitante e storia traumatica.
La missione che il protagonista si trova ad affrontare è considerata troppo pericolosa dalla maggior parte dei paesi, quindi la Repubblica Ceca decide di cogliere l’occasione per essere la prima a tentare qualcosa del genere. Si decide che Jakub verrà inviato in missione, rendendolo un eroe nazionale agli occhi del pubblico. Non è molto appassionato di diventare un astronauta ma vuole invece il riscatto per il proprio cognome. Suo padre, infatti, era un membro del Partito Comunista della Cecoslovacchia, e la famiglia di Jakub fu duramente punita per le azioni del padre dalla loro comunità dopo che uno sconosciuto rivelò i suoi segreti.
Jakub lascia sua moglie Lenka, in attesa del loro primo figlio, sulla Terra. Continua a parlarle ogni giorno in videochiamata. Lo stress della situazione unito a un sentimento abbandonico diventa troppo per Lenka, che decide di lasciare Jakub dando forma ad una “crisi” di coppia. Ciò si aggiunge alla sensazione di vuoto estremo di Jakub, rendendo la spedizione quasi insopportabile. Comincia a bere molto, diventa depresso e confuso fino ad allucinare-proiettare un Altro alieno aracniforme che Jakub decide di chiamare Hanuš, doppiato nella versione originale da Paul Dano, un esploratore come lui, che comincia ad osservare il funzionamento dell’“umano pelle e ossa” e che si lascia usare nelle sue qualità di oggetto trasformativo.
Come avviene in una psicoterapia “sufficientemente buona”, l’esplorazione di Jakub e Hanuš si rivela un viaggio introspettivo attraverso i temi e i traumi della propria vicenda carico di immagini, sogni e fantasie. Jakub e Lenka vivono due solitudini contrapposte, che sono l’una lo specchio dell’altra. Il potente stimolo associativo della Rusalka di Antonín Dvořák in cui va in scena l’incontro primordiale tra una Ninfa dei fiumi e il principe-cosmonauta ne rappresenta l’essenza. Lenka e Jakub galleggiano all’unisono nello stesso grembo materno universale in cui galleggia anche la loro “progenie”, elemento di nuova vita.
Jakub è così al lavoro, non solo per riportare sulla Terra un’ambiziosa scoperta ma, come suggerito da Hanuš, anche per ritrovare emotivamente il proprio mondo interno ed elaborare dolorose separazioni giungendo, attraverso una riflessione sull’esperienza di sé, ad una posizione autenticamente riparativa.
Riferimenti bibliografici
Winnicott DW (1953). Oggetti transizionali e fenomeni transizionali. In: Dalla Pediatria alla Psicoanalisi Martinelli, Firenze.
Bion WR (1962). Apprendere dall’esperienza. Roma, Armando, 1972
Klein M. e Riviere J (1953). Amore odio e riparazione, Astrolabio 1969